Da buoni naviganti, bisogna avere un diario di bordo: io lo comincio oggi, giusto per trascorrere questo periodo di semi-reclusione necessaria per la salute fisica nostra e di tutti. Con l’occasione, per la serie “non è mai troppo tardi”, eccomi all’alba dei miei anta e più anni di vita intraprendere finalmente un serio studio di Wolfram, che non avevo mai avuto finora occasione di esplorare in profondità. Sono al terzo capitolo del manuale online e la mia anima logico-matematica è già oltremodo stimolata.
Per chi avesse interesse o curiosità di avventurarsi a imparare il linguaggio Wolfram, il free cloud richiede “soltanto” l’apertura di un account disvelando un proprio indirizzo email valido (non la password, mi raccomando!) con il settaggio di una password apposita (e diversa da quella della mail, mi raccomando!) per l’accesso al sito. Per completezza della trattazione, non sono sponsorizzata e questo non vuole essere un post pubblicitario nè di recensione, semplicemente ho usato il free cloud di Wolfram e mi è venuto in mente di ricavarne un argomento per quattro chiacchiere matematiche – se avete dei dubbi o obiezioni, scrivetemi!
Secondo capitolo, le liste
Dopo un primo capitoletto introduttivo sulle quattro operazioni di base, elevamento a potenza e funzioni di massimo e di randomizzazione, tutto sommato molto basilare, segue un secondo capitolo che introduce le liste (simile ai vettori o “array”, ma con altre funzionalità tutte particolari), con una interessante funzione Range[n] che permette di creare in automatico la lista ordinata e crescente dei numeri interi da 1 a n.
Il capitolo prosegue illustrando le altre funzioni di base che sono utili alla gestione delle liste, come ListPlot[] (per disegnare il grafico dei valori della lista), Reverse[] (per invertire l’ordine di lettura dei valori della lista), Join[] (per concatenare più liste tra di loro).
Ogni capitolo è corredato da una serie di esercizi, tutti molto utili e stimolanti, che permettono di verificare la comprensione della sintassi e di fare pratica con le varie funzioni apprese e con le gerarchie strutturali nell’uso combinato di più funzioni in uno stesso comando.
Dopo aver familiarizzato con le liste e con i Range (che abbiamo detto sono delle sequenze ordinate di numeri interi da 1 al valore indicato nell’argomento della funzione), si passa al
Terzo capitolo: i tipi di grafico
dalla lettura del quale, partì l’idea di questo post.
Grafico a torta della funzione Range[10]. A cosa serve? Bella domanda!
Un po’ perchè è soltanto il terzo capitolo, un po’ per ripassare le funzioni introdotte nel secondo, i diversi tipi di grafico con le loro [fantastiche!] funzioni di comando vengono illustrati anche utilizzando la funzione Range[]. Qui sopra nell’immagine ho prodotto il grafico a torta della lista Range[10]. Dopo di che mi sono chiesta che utilità può avere trasformare in grafico a torta una semplice progressione aritmetica di passo 1.
Quindi, a cosa serve?
Bella domanda! Potenzialmente a niente, se non a illustrare il funzionamento della funzione.
Ma noi non siamo così banali, vero? Un modo per rendere utile questo bellissimo grafico a torta lo possiamo sicuramente trovare. Ad esempio, ci potremmo chiedere quanto vale l’angolo in arancione chiaro, il più piccolo sulla sinistra, ovvero quello che viene poi moltiplicato per 2, per 3 … e così via fino a 10x, in modo tale da riempire esattamente l’angolo giro.
Calcolare gli angoli della partizione. Sembra facile?
In effetti, difficile in questo caso è una parola grossa, almeno se ci si ricorda quella che io chiamo la formuletta di Gauss-Khayyam (sul perchè di questo nome e/o su chi è Omar Khayyam, vedere questo precedente articolo).
Sto parlando della famosa formula che dice che la somma dei primi N numeri interi si calcola come N*(N+1)/2.
Se diamo questa formuletta come dato di fatto, o la dimostriamo facilmente a parte, si può proporre l’esercizio sul calcolo dell’angolo base anche in una scuola media. Basterà infatti un momento di ricerca guidata, ragionando sulla figura e sui dati, per “affettare” ogni porzione del grafico in parti uguali all’angolo base, e convenire che esse saranno esattamente in numero pari alla somma dei primi dieci numeri interi, ovvero, utilizzando la formula di Gauss/Khayyam: 10*11/2, vale a dire 55.
Andiamo allora a calcolare l’angolo cercato: dovremo eseguire in sessagesimale la divisione 360°/55 , che semplificando un po’ diventa 72°/11.
Se non ho sbagliato nulla, il risultato finale dovrebbe essere 6° 32′ 43” e 635 millesimi di secondo (approssimazione per difetto a meno di 2 millesimi).
Una nota di storia della matematica per finire
Può essere interessante ricordare che il sistema sessagesimale era ampiamente in uso nell’area babilonese e fu adottato anche dai matematici e astronomi centro-asiatici e persiani nell’epoca islamica. La sostituzione con il sistema decimale avvenne ad opera dei matematici musulmani e fu graduale, con contributi significativi di Al-Kindi, Al-Khwarizmi, Al-Buzjani, Khayyam e più avanti nei secoli al-Kashi e molti altri.
Se siete in cerca di figure geometriche nuove, loghi intriganti o anche solo scacciapensieri geometrici, andate su Geogebra, disegnate un oggetto a caso, dategli un’espressione parametrica, attivate lo strumento “Mostra traccia”, avviate uno slider per il parametro e state a vedere cosa succede… (alzi la mano chi non usa Geogebra e non sa di cosa sto parlando!).
Ad esempio, dopo che in questo recente articolo mi ero occupata dell’equazione parametrica dell’ellisse di dato centro e assi, affascinata dal vedere come si muovono le coordinate e del punto S scorrevole sull’ellisse, mi è venuto in mente di attivare lo strumento “Mostra traccia” (cliccare sull’oggetto per selezionarlo – poi pulsante destro del mouse – poi selezionare “Mostra traccia” nel menù che appare; salvo manutenzioni del programma, di solito funziona e molto bene). Naturalmente ho immortalato il risultato nel solito minivideo che qui presento
l’Astroide come curva inviluppo usando la funzione “mostra traccia” su Geogebra
La figura che vien fuori dalla sovrapposizione delle tracce è ben nota e si chiama Astroide, è un tipico esempio di curva di inviluppo ovvero di curva formata – come in questo caso – da una famiglia di rette (non parallele tra di loro e non passanti tutte per uno stesso punto, ma in qualche altro modo legate da una relazione parametrica) che ne rappresentano le tangenti. In altre parole, la curva Astroide è tale che in ogni suo punto, la retta tangente alla curva contiene un segmento di quelli generati dal punto S variabile sull’ellisse, e viceversa ognuno dei segmenti appartiene a una qualche retta tangente all’Astroide.
Per ottenere l’equazione parametrica dell’astroide in funzione del parametro s, è quindi sufficiente applicare la regola generale che permette di calcolare l’equazione della curva inviluppo conoscendo la famiglia delle rette tangenti, in funzione di un dato parametro.
Senza dare qui la dimostrazione, ricordiamo che tale regola prevede di mettere a sistema le due equazioni:
dove la prima equazione è l’espressione della famiglia di rette in funzione di x, y e s, scritta in forma implicita, mentre la seconda equazione rappresenta la derivata parziale rispetto al parametro s uguagliata a 0.
Nel nostro caso, ricordando l’espressione di x(S) e y(S) che abbiamo illustrato in questo articolo, chiamando a e b i semiassi maggiore e minore e considerando che il centro è nell’origine, abbiamo:
Per trovare l’equazione parametrica della generica retta tangente, osservo innanzitutto che il segmento è sempre inclinato rispetto all’asse x di un angolo supplementare rispetto all’angolo s (e incidentalmente, anche se questo dato non ci servirà, notiamo che la lunghezza di , in corrispondenza di ogni punto S è pari al raggio variabile OS dell’ellisse), come si può verificare facilmente con l’aiuto della figura:
In ogni punto S dell’ellisse, il segmento è la seconda diagonale del rettangolo di diagonale OS
Questo significa che il coefficiente angolare di sarà in ogni punto pari a
La generica retta della famiglia con parametro s, contenente il segmento avrà quindi equazione:
(Ho usato la formula della retta passante per un punto, con punto base e coefficicente angolare ).
Abbiamo quindi
ovvero
mentre la derivata parziale rispetto a s prende l’espressione
Per trovare l’equazione della nostra curva astroide dovremo quindi mettere a sistema le due equazioni:
e
Svolgendo i calcoli
Dalla seconda equazione otteniamo un’espressione per l’ascissa:
e sostituendo nella prima otteniamo
ovvero
In definitiva il punto R del nostro astroide, al variare di s avrà coordinate:
E incrociando le dita…
Per verificare se i nostri calcoli sono corretti, creiamo un punto R su Geogebra con tali coordinate e vediamo come si comporta rispetto all’Astroide:
Unire diverse materie in una visione interdisciplinare non fa mai troppo male. Eccoci quindi a intersecare coniche, equazioni parametriche, funzioni trigonometriche e moto oscillatorio per parlare dell’ellisse (o dei moti oscillatori) da una prospettiva un po’ diversa dal solito.
In questo precedente articolo abbiamo visto che forma prende l’equazione parametrica di un cerchio. Oggi scopriamo l’equazione parametrica dell’ellisse, che è molto simile salvo il diverso ruolo dei due semiassi maggiore e minore nella formazione delle coordinate x e y del punto generico S.
In particolare, si trova che per una ellisse di centro O, asse maggiore BD e asse minore AC come quella nella figura a inizio articolo, l’equazione parametrica del punto generico S il cui raggio OS forma un angolo s con l’asse x, ha equazione (in linguaggio Geogebra):
S = (x(O)+0.5 Distanza(B,D) cos(s), y(O) + 0.5 Distanza(A,C) sin(s))
dove 0.5 Distanza(B,D) rappresenta la misura del semiasse maggiore, e analogamente 0.5 Distanza(A,C) rappresenta la misura del semiasse minore.
Si può facilmente notare che l’unica differenza strutturale tra l’equazione parametrica dell’ellisse e quella del cerchio sta nel fatto che l’ascissa oscilla in un range di valori dipendenti dalla misura dell’asse maggiore BD mentre l’ordinata oscilla in un range di valori dipendenti dalla misura dell’asse minore AC, mentre nel caso del cerchio entrambe le coordinate oscillano in un range di valori dipendenti dal “semiasse” unico e uguale per le due coordinate, rappresentato dal raggio del cerchio.
Interessante visualizzare separatamente il comportamento delle due coordinate del punto S al variare dell’angolo s tra e . Aiutiamoci con due “riprese” da Geogebra:
moto oscillatorio della ascissa del punto S al variare di s tra e
moto oscillatorio dell’ordinata del punto S al variare di s tra e
Io trovo tutto questo molto interessante: la traiettoria ellittica è una combinazione di due moti oscillatori perpendicolari di ampiezza diversa e ovviamente di pari periodo. Il risultato della “combinazione” in questo terzo e ultimo mini-video
oscillazione delle coordinate x e y lungo l’ampiezza dei due semiassi, al variare di s tra e
Come si suol dire in questi casi: “Semplice coincidenza? Io non credo!”. A voi recuperare la fonte di questa perla di saggezza testé citata.
In questo piccolo blog formato minimal, portiamo al microscopio piccoli frammenti delle strutture matematiche, possibilmente una alla volta, tipo “pezzi di ricambio” per chi si fosse perso per strada qualche cosa.
Ad esempio, a proposito di equazioni parametriche mi è venuto in mente che forse può interessare un flash-post sull’equazione parametrica di un cerchio di centro A (x(A),y(A)) – sto usando il linguaggio Geogebra – e raggio pari alla distanza tra il punto A e il punto B che in Geogebra si scrive Distanza(A,B).
Con i potenti mezzi tecnici a mia disposizione, ho creato una piccola animazione (perchè “video” è una parolona in questo caso!) per illustrare come funziona la formula parametrica per le coordinate del generico punto T sulla circonferenza, la quale, sempre in linguaggio Geogebra, è data da:
In questo articolo di ieri abbiamo introdotto l’equazione parametrica dei punti di un triangolo in funzione dei vertici noti A, B e C, con l’aiuto di due parametri s e t variabili entrambi fra 0 e 1, estremi compresi.
Per completare l’esposizione, cerchiamo di dare una forma più semplice e ordinata all’espressione finale che abbiamo trovato, ovvero:
Ricordando le espressioni di e di , ovvero
entrambi con , possiamo sostituire tali espressioni nella formula per le coordinate di .
Sostituendo e svolgendo i calcoli otteniamo, con opportuni raccoglimenti:
Facendo variare in modo indipendente i due parametri s e t, ciascuno nell’intervallo continuo , restano individuati tutti i possibili punti del triangolo ABC, bordi compresi.
Una interessante verifica
Possiamo fare qualche verifica per controllare che le formule scritte sopra ce la stiano raccontando giusta.
La più interessante, anche per il raccordo che permette con la geometria “pura” (ovvero non analitica), consiste nel verificare se il baricentro “geometrico”, quello che sta sulla mediana di un lato, a due terzi della lunghezza della mediana, corrisponde effettivamente con il baricentro “analitico” che in un precedente articolo abbiamo trovato applicando proprio tale proprietà come condizione sulle coordinate.
Proviamo quindi a porre nella nostra formula i valori t = 1/2 (ovvero, T punto medio del lato BC) e s=2/3 (ovvero, S punto che divide la mediana in segmenti di proporzione 2/3 : 1/3); vediamo cosa succede:
Otteniamo
da cui
Raggruppando i termini simili e svolgendo i calcoli otteniamo
ovvero proprio quello che stavamo cercando: il punto S trovato rappresenta la media aritmetica delle coordinate dei vertici, quindi proprio il baricentro come l’abbiamo individuato in questo precedente articolo.
Uscendo dalla retorica dell’enumerazione (eravamo arrivati a “11 cose” in questo precedente articolo), mi resta però nella penna, anzi tra le dita e la tastiera un’ultima cosa che si può fare conoscendo i vertici A, B e C di un triangolo, ovvero, scrivere l’equazione parametrica di un qualunque punto interno al triangolo o appartenente al bordo della figura.
Riprendiamo quindi il nostro triangolo ABC di vertici come in figura (quella lassù). Per cominciare…
Inseriamo un primo parametro t.
Per descrivere tutti i punti del triangolo ABC a partire dalle coordinate dei vertici, ci serviranno due parametri lineari, che chiameremo t ed s e che faremo variare fra 0 e 1.
Il primo parametro t servirà a individuare un punto T appartenente al lato BC del triangolo, tramite la ben nota formula:
Tramite il parametro T siamo quindi in grado di descrivere tutti i possibili punti del segmento BC, compresi gli estremi B (corrispondente a t=0) e C (corrispondente a t=1).
Ampliare gli orizzonti
Una volta individuato il punto T, è individuato anche il segmento AT che congiunge T al primo vertice del triangolo.
Al variare di T (ovvero al variare del parametro t fra 0 e 1), il segmento AT copre tutti i punti del triangolo ABC.
Introduciamo il secondo parametro s
Se tutti i possibili segmenti AT esauriscono i punti del triangolo (sia interni sia appartenenti al bordo), sarà sufficiente parametrizzare ciascun segmento AT con l’aiuto di un secondo parametro s, sempre variabile fra 0 e 1 (estremi compresi). Avremo:
Al variare di t tra 0 e 1, il segmento AT varierà in questo modo:
Interno del mausoleo di Omar Khayyam a Nishapur – Iran (Wikimedia Commons)
Omar Khayyam, poeta, astronomo e matematico, autore del più preciso calendario solare “mai utilizzato” (proprio così!), inventore della soluzione grafica di equazioni cubiche e quartiche in un’epoca in cui non c’erano nemmeno gli assi cartesiani, si sente spesso accusare del fatto che sì, il metodo era ottimo, peccato che lui trascurasse le soluzioni negative.
Quest’ultimo appunto ha di solito la duplice funzione, da una parte di sminuire o almeno relativizzare l’apporto precoce del mondo islamico-persiano-arabo del medioevo (Khayyam vive tra l’XI e il XII secolo dell’era Cristiana) a una matematica che in Europa comincia a camminare sulle sue gambe pochi decenni dopo il nostro, con Leonardo Fibonacci nel XIII secolo, e dall’altra di insinuare – quando non esplicitamente “dichiarare” – una presunta arretratezza culturale dell’Islam, che nell’immaginario dei non avvezzi alla religione avrebbe avuto interesse a “moralizzare” persino il “più” rispetto al “meno” dei numeri (retaggio piuttosto – eventualmente – della funzione simbolica dei numeri nell’area greco-platonica, e comunque anche in quel caso sicuramente malcompreso e mal ricucinato), quando paradossalmente fu proprio Khayyam, tra le tante sue mirabili opere, a introdurre i numeri negativi, perlomeno con una trattazione per iscritto.
Questa premessa per introdurre un altro dei problemi che ancora oggi arrovellano la matematica centro-asiatica e persiana, ovvero quello della trisezione dell’angolo. Ancora oggi vi è chi cerca un metodo “con squadra e compasso” per risolvere tale problema geometrico, mentre una soluzione più “khayyamiana”, almeno nello spirito, avrebbe potuto essere di tipo numerico: partendo dall’angolo x, scrivere la funzione sen(3x) come sen(x+2x) e usando le formule della goniometria (che nel caso aveste dei dubbi a riguardo, erano state ampiamente sviluppate da matematici-architetti persiani come Abu-l-Wafa già un paio di secoli prima) ricavare sen(x) in funzione di sen(3x).
Come esercizio sulle formule di addizione e duplicazione, sembra carino…
Tra l’altro questo è un modo per fare esercizi sulle formule goniometriche inserendoli in un contesto, invece di spiattellarli a casaccio in un elenco numerato e senz’anima, nella sezione “esercizi” di un qualche spietato libro di testo di trigonometria di quelli “vecchio stile”.
Ma comunque – proviamo a cimentarci, vediamo cosa vien fuori.
La formula di sen(3x)
Questo è un esercizio che si fa di solito, poco dopo aver introdotto le ben note
Formule di duplicazione
(in realtà per il coseno di 2x ci sono anche altre formule equivalenti, ma noi useremo quella scritta qui sopra).
Per arrivare al seno e al coseno di 3x, useremo le formule di duplicazione scritte sopra all’interno di un’altra ben nota espressione, ovvero una delle
Formule di addizione e sottrazione
Scriviamole tutte, per il seno e per il coseno, anche se poi utilizzeremo soltanto la formula di addizione del seno. Ricordiamo che si ha:
Scrivendo 3x come x + 2x …
possiamo quindi utilizzare le formule di addizione e quelle di duplicazione insieme, ottenendo l’espressione
ovvero
Andando avanti con i calcoli e le semplificazioni otteniamo
da cui
Svolgendo i calcoli, raccogliendo i termini simili e riordinando…
otteniamo
dove per comodità abbiamo chiamato 3K il seno di 3x, che nell’equazione rappresenta un parametro noto.
Dividendo tutta l’espressione per 3, isolando il termine al cubo e chiamando per comodità s il seno di x da trovare…
otteniamo
“Oggi le cubiche”
Abbiamo dunque trovato un’equazione cubica, e la scriviamo nel modo indicato sopra non tanto per toglierci il fastidio dei segni meno (e chi non lo fa?), ma perchè in questo modo la possiamo leggere come intersezione di una cubica semplice (al primo membro) con una retta parallela alla bisettrice del I e III quadrante (al secondo membro).
Un bel metodo ricorsivo qui ci sta proprio bene
Che Khayyam usasse metodi ricorsivi per calcolare è quasi certo, visto che il suo metodo di calcolo della durata dell’anno diventa estremamente semplice se si considerano le frazioni continue, e come abbiamo accennato in un precedente articolo, le frazioni continue sono legate a doppio filo ai metodi ricorsivi. E d’altra parte non essendo ancora in uso gli assi cartesiani, la “risoluzione grafica” delle equazioni doveva necessariamente avvenire in qualche altro modo, prevalentemente algebrico.
Risoluzione grafica, coi metodi moderni
Per farci un’idea delle soluzioni che andiamo cercando, riscriviamo innanzitutto l’equazione che esprime s (per “senx”) in funzione del parametro K (che per nostra scelta rappresenta sen(3x)/3, ovvero un terzo del seno dell’angolo noto di cui cerchiamo la trisezione), ovvero, come calcolato in precedenza:
Tra l’altro non è mai superfluo ricordare che il valore di K è vincolato al valore di sen(3x), rappresentandone la terza parte, di modo tale che esso potrà legittimamente variare soltanto nell’intervallo chiuso [-1/3;1/3].
Il metodo grafico di risoluzione…
richiede di “leggere” l’uguaglianza fra i due membri dell’equazione come primo passo – con il metodo del confronto – nella risoluzione del sistema di due equazioni nelle incognite y (introdotta appositamente) e s (di solito è x, ma in questo caso tale lettera l’abbiamo utilizzata per l’angolo incognito, mentre ora stiamo lavorando sul seno che abbiamo per comodità chiamato s).
Siamo quindi partiti dalle due equazioni a sistema:
… e con i potenti mezzi tecnici a nostra disposizione…
senza saper fare di conto possiamo inserire le due equazioni su una calcolatrice grafica qualunque (io ho usato Geogebra), per ottenere un grafico del sistema con un prospetto delle intersezioni.
(Non è mai troppo ridondante precisare che per ottenere un grafico devo assegnare un valore qualunque al parametro K, possibilmente fra quelli “buoni” per il nostro problema).
esempio di risoluzione grafica su Geogebra, ponendo 3K = sinx = 0.8
Come si vede dal grafico, per ogni K compreso tra 0 e 1/3 avremo due intersezioni positive e una negativa. Ma gli angoli x con un dato valore del seno compreso tra 0 e 1 sono soltanto due, non tre, e sono entrambi minori di 180°, il che vuol dire che la loro terza parte sarà sicuramente compresa tra 0 e 60°. Quindi in questo caso è più che legittimo, anzi assolutamente doveroso, “scartare” la soluzione negativa e tenere conto soltanto delle due soluzioni positive!
Che Omar Khayyam – e altri prima e dopo di lui – sapessero in realtà molto bene quel che stavano facendo?
Per me è sì!
Un po’, anzi soprattutto per l’ansia di trovare una via di uscita da questa “escape room” dell’eurocentrismo – se non addirittura mitteleuropeocentrismo – che ha prima abbondantemente attinto, con l’epoca “orientalista”, ai tesori del mondo arabo-persiano, per poi rielaborare e riproporre con nomi propri molte delle “scoperte” – in gran parte scoperte, sì, ma forse anche nei manoscritti dell’ “epoca d’oro” della Bayt al Hikma di una perduta e irrecuperabile Baghdad del califfato di Al-Ma’mun, effettivamente tendo a propendere per questa ipotesi.
A far le spese di questi due secoli di “occultamento delle prove”, tra i tanti, Omar Khayyam, il quale per ben due secoli, dall’ottocento fino a oggi, è stato dipinto nell’immaginario collettivo come il “poeta ubriacone”, e per questo stesso motivo amato di dichiarato amore da un Guccini e citato per affinità di intellettuale “fuori dalle righe” da un De André, per restare soltanto in Italia e nel XX secolo.
Nessun indizio del fatto che fosse un sapiente dell’Islam interiore, nessuna memoria delle crudeli vicende che lo videro perdere, assassinato, il principe suo amico, mentore e compagno di scienze, Nizam al-Mulk, nessun accenno alle turbolenze che già allora vedevano un islam politico e formalista prendere il sopravvento sulle realtà più spirituali – e quindi nessuna vera intelligente lettura delle quartine, peraltro arbitrariamente svincolate da ogni collegamento anche filologico con il filone tradizionale della poesia persiana a lui precedente e contemporanea, della cui portata culturale, linguistica e a tratti spirituale l’Europa era forse totalmente all’oscuro… e ultimo-non-ultimo, nessun indizio del fatto che oltre ad essere fine ed acuto poeta e censore dei tempi, Khayyam fosse anche uno dei più prolifici ed abili matematici mai transitati nei secoli della cosiddetta “epoca d’oro” della Grande Persia.
Eppure, per fare un esempio, col famoso “trucchetto” del giovane Gauss per trovare la somma dei primi n numeri, già ci giocava Omar, il quale qua e là, tra una lamentazione e uno studio di equazioni, si dilettava persino di quella che oggi chiameremmo “matematica ricreativa”. Sua ad esempio la definizione dei “numeri amici” o “amicabili”.
Personaggio oltremodo eclettico, anzi forse unico – almeno nella sua epoca – faceva l’astronomo (e astrologo!) di corte ma diffidava il principe dal richiedergli dei peraltro sempre precisissimi oracoli, poichè – questo sì – incompatibile con i principi di affidamento alla volontà di Dio subentrati con la religione islamica.
Ma torniamo alla nostra equazione
Abbiamo quindi visto come sia necessario tenere conto soltanto delle due soluzioni positive scartando quella negativa (nel caso si operi con angoli convessi, come è comunque più che lecito e onnicomprensivo fare, visto che la terza parte dell’angolo concavo esplementare di un angolo convesso si ottiene dalla terza parte di quest’ultimo semplicemente aggiungendo 90°).
Per chi non sia pratico di risoluzione grafica delle equazioni, riprendiamo la figura precedente, dove si vede evidenziato anche il valore delle coordinate di uno dei due punti di intersezione collocati nel I quadrante.
la soluzione si legge nel valore della prima coordinata (ascissa) del punto di intersezione
Riprendendo la didascalia della figura, è importante precisare che ciascuna soluzione dell’equazione cubica di partenza (e non del sistema ausiliario di due funzioni da intersecare) si legge nella prima coordinata, l’ascissa, di ogni punto di intersezione che si sia valutato “buono” nella discussione del problema. Infatti la coordinata y l’abbiamo introdotta come variabile ausiliaria ma non entrava in nessun modo nell’equazione di partenza.
Quindi per fare un esempio concreto, una delle soluzioni (ovviamente “numeriche”, ovvero approssimate) della nostra equazione risolutiva, risulta essere
s= 0,766044443119
Tale valore è un’approssimazione alla 12ma cifra decimale del seno dell’angolo terza parte dell’angolo ottuso il cui seno è 0,8.
(Se non è chiaro, scrivetemi nei commenti!!)
Se volessimo sapere quanto vale il seno dell’angolo x terza parte dell’angolo acuto 3x tale che sin(3x) = 0,8 , dovremmo tornare su Geogebra, ingrandire a sufficienza il grafico in modo da isolare l’intersezione più vicina all’asse x ed evidenziare come nel caso precedente il valore delle coordinate, leggendo la coordinata x.
Qui l’ingrandimento del grafico, con il rispettivo valore 0,1736481776669 per il seno dell’angolo terzo.
Soluzione del seno dell’angolo terzo rispetto all’angolo acuto il cui seno vale 0,8
Facile o difficile? Ma soprattutto, utile o no?
Ai posteri, o meglio a futuri post (del blog) l’ardua sentenza!
Chi si ricorda il gioco delle cinque pietre, passatempo da giocare da soli o in compagnia quando ancora non c’era minesweeper e il solitario si faceva con carte vere?
Ancora oggi quando mi ritrovo al mare su una spiaggia ghiaiosa, cedo all’antico istinto di ricercare le pietrine più adatte per una buona partita: non troppo leggere, non troppo pesanti, non troppo sottili e non troppo rotonde, non troppo appuntite, smussate quanto basta, buone da stare tutte e cinque in una mano. E una volta trovate, soppesate e scelte ancora in base ai colori più gradevoli, conservarle gelosamente per averle sempre a portata di mano, nella tasca della borsetta magari, poco distante dal pettine e dai trucchi.
Crescendo io, e con me il pallino della matematica, mi riaffiora questo gioco non soltanto perché utile ad affinare la percezione dello spazio e il coordinamento psicomotorio, ma soprattutto perché, a riguardarlo, è un gioco molto “combinatorio”.
Ma vediamo brevemente come si gioca:
Per cominciare
Lancio le cinque pietre a terra. Già questa è un’arte devo cercare di disporle, “casualmente”, non troppo vicine né troppo lontane, in modo che siano facili da afferrare secondo le regole di ogni turno.
Prima manche – primo turno
Lancio in aria una pietra e usando la stessa mano ne afferro una di quelle rimaste a terra, prima di riprendere al volo quella lanciata, sempre con la stessa mano.
Se l’operazione riesce, metto da parte una delle due pietre che ora ho in mano e ripeto la stessa cosa lanciando la pietra che mi è rimasta in mano, e afferrando una seconda pietra, poi la terza e poi la quarta.
Se riesco a “guadagnare” tutte le quattro pietre che erano sparpagliate a terra, ho vinto il turno e posso passare al successivo.
Secondo turno
Il gioco si ripete quasi uguale, ma questa volta le quattro pietre rimaste a terra andranno raccolte a gruppi di due: avrò quindi due operazioni successive da completare con successo.
Terzo turno
Indovinate un po’, si ripete la stessa cosa ma al primo lancio dovrò afferrare , sempre con una sola e stessa mano, tre delle quattro pietre prima di riafferrare la quinta che ho lanciato in volo. Se ci riesco, messe da parte le tre pietre raccolte, potrò rilassarmi ritornando a un compito più facile, raccogliere l’ultima delle quattro pietre da sola, come nel primo turno.
Qui la difficoltà vera sta nel non rilassarsi troppo dopo il successo di aver raccolto le prime tre pietre: state all’occhio, chi si rilassa troppo rischia di sbagliarsi sul compito “facile”!
Quarto turno
Semplice da dire, e anche da fare se avete distribuito ad arte le pietre lanciandole a terra: si raccolgono in un colpo solo tutte e quattro le pietre.
Livelli bonus
Alla fine di ogni turno si guadagna un punto; quando si sbaglia si cede il turno a un altro giocatore e la manche viene vinta da chi riesce a portarla a termine per primo. Chi finisce per primo la manche ha diritto a un “livello bonus”. Superandolo, si guadagnano ulteriori punti e si prosegue con la manche successiva. Se si sbaglia il livello bonus, non si guadagnano punti ma il giocatore ha diritto comunque a cominciare la manche successiva.
Il livello bonus è sempre uguale in tutte le manche: si tengono sul palmo della mano le cinque pietre e le si lancia facendole ricadere questa volta sul dorso della stessa mano, poi di nuovo sul palmo, poi di nuovo sul dorso e così via. Si accumulano tanti punti quante sono le volte in cui si riesce a far saltare le pietre sul palmo e sul dorso senza farle cadere a terra. In genere, immaginerete, non molte!
Seconda manche – primo turno
Nella seconda manche, lancio due pietre per raccoglierne una alla volta da terra, e qui le cose si complicano, perchè devo calibrare la traiettoria e il tempo di salita e discesa non di una ma di due pietre contemporaneamente: l’abilità vera sta nel riuscire a lanciarle come se fossero un unico oggetto…
Tutto il resto si svolge come prima: prendo due pietre e le lancio, raccogliendo una delle tre pietre rimaste a terra prima di riafferrare quelle lanciate.
Ogni pietra raccolta da terra sarà messa da parte prima di raccogliere la successiva. L’operazione viene ovviamente ripetuta tre volte.
Seconda manche, secondo turno
Non c’è da inventarsi molto: lanciate le due pietre, raccolgo prima due e poi una (l’ultima) pietra da terra. Ogni volta metto da parte le pietre raccolte prima di passare al lancio successivo.
Seconda manche, terzo turno
Indovinate un po’, lanciando due pietre si raccolgono le altre tre e il gioco è fatto!
… e così via, così discorrendo…
Il gioco prosegue a piacere, nella terza manche lancerò 3 pietre raccogliendone prima due una per una e poi due insieme nel turno successivo.
Nella quarta manche c’è poco da inventarsi: lancio quattro pietre e ne raccolgo una e poi non c’è più trippa per gatti! Terminata la quarta manche, si moltiplicano le varianti: posso riprendere dalla prima ma senza mettere da parte le pietre raccolte. In una variante se ne lancia sempre soltanto una, o due o tre e si tengono in mano le altre, che dovrò star attenta a non far cadere mentre raccolgo le pietre a terra (grande esercizio per la manualità fine!); in un’altra variante, si lanciano ogni volta tutte le pietre man mano raccolte nella mossa precedente, senza posarne e senza tenerne in mano mai nessuna prima o durante il lancio.
… e se proprio il gioco vi appassiona…
terminate tutte le combinazioni, potete sempre ricominciare da capo!
… e non dimenticate mai i livelli bonus!! Buon divertimento!
In questo articolo, qualche tempo fa, abbiamo proseguito il lungo elenco delle cose che si possono fare conoscendo i vertici A,B e C di un triangolo, menzionando in ultimo, senza darne dimostrazione, la formula per il calcolo del baricentro G.
Per proseguire l’elenco, direi quindi che l’undicesimo punto non può che doverosamente essere
11. Dimostrare la formula per il calcolo delle coordinate del baricentro G del triangolo ABC
Per poter dimostrare agevolmente questa formula, dobbiamo appellarci alla proprietà geometrica (s’intende, euclidea) che definisce il baricentro di un triangolo come il punto unico di incontro delle tre mediane del triangolo, il quale, si dimostra a tempo debito, suddivide ciascuna delle tre mediane in due segmenti in proporzione 2/3 : 1/3. Questo sarà un altro dato utile al calcolo delle coordinate.
Meno direttamente utile per lo scopo specifico, ma comunque mai inutile da precisare, è che l’etichetta “G” per il baricentro, più o meno codificata come denominazione standard, al di là di essere un altro patetico spunto di battutine e sorrisetti maliziosi da parte di “quelli che sanno”, è stata infelicemente scelta per il semplice merito di essere l’iniziale di “gravità”, essendo il baricentro (per sua stessa etimologia linguistica) il “centro di gravità” di un’ipotetica “figura materiale” (qualunque cosa voglia dire!) che coincida con quella geometrica. Ma qui entriamo nella meccanica razionale, che al pari delle battute sceme sulla G di Garicentro, rappresenta un antro particolarmente “pesante” della matematica.
Ma bando alle lungaggini…
Torniamo a noi e dimostriamo quindi la benedetta formula, commovente per la sua semplicità:
Procederemo, come anticipato, in questo modo:
Troviamo il punto medio M di uno qualunque dei lati: per fissare una possibilità, diciamo BC
Troviamo il punto G sul segmento AM tale che AG = 2GM
Fase 1: punto medio di BC
Questo è facile: è sufficiente prendere come coordinate del punto M le medie aritmetiche delle coordinate di B e C. Otteniamo:
Fase 2: Proprietà di G
Per calcolare le coordinate di G utilizzando la proprietà indicata, ovvero il fatto che AG = 2GM, osserviamo innanzitutto che per il teorema di Talete tale proprietà si riflette anche sulle proiezioni orizzontali e verticali degli estremi del segmento e del punto G, ovvero è valida anche per le proiezioni di A,G e M rispettivamente sull’asse x e sull’asse y. Avremo quindi:
Per risolvere i valori assoluti, osserviamo che G è sempre interno al segmento AM, quindi gli argomenti dei due valori assoluti così come li abbiamo scritti saranno sempre concordi. Possiamo quindi togliere i valori assoluti senza bisogno di ulteriori discussioni, e risolvendo rispetto alle coordinate di G otteniamo:
Se ora sostituiamo le espressioni delle coordinate del punto M, avremo:
da cui
… e il gioco è fatto!
Non resta che dividere per 3, per ottenere l’agognata formula:
Ovvero, come speravamo:
Un numero perfetto per terminare
E poichè 11 sembra un numero perfetto per terminare, il lungo elenco di cose che si possono fare conoscendo i vertici A,B e C di un triangolo, per noi finisce qui, ma se avete avuto la pazienza e la testa per leggere fino a questo punto, sicuramente non ve ne mancherà per trovarne molte, molte altre… fatemi sapere!