Una parola al giorno – Sufficiente

«Una parola al giorno», quattro lingue con permesso di soggiorno euro-mediterraneo, per comunicare in modo sufficientemente adatto persino la matematica!

Terminiamo oggi l’excursus sul gergo delle dimostrazioni e degli enunciati di molti teoremi, con la parola sufficiente che speriamo lo sarà, letteralmente, ad esaurire questo piccolo argomento.

Facciamo intanto notare che, nella lingua italiana, per onorare l’ortografia in modo sufficiente è necessario ricordarsi della i ortografica che si frappone tra la c e la e: il fatto che anche nella scrittura ce la c abbia il suono dolce, non è infatti sufficiente a giustificare la dimenticanza di quale sia la forma corretta di questa parola!

Un secondo doveroso inciso si impone per completare l’esempio introdotto a proposito della condizione necessaria: se infatti abbiamo detto che condizione necessaria affinchè io possa guidare l’automobile è che io abbia la patente di guida, si capisce bene che questa non è affatto una condizione sufficiente, poichè se ho la patente ma non ho un’automobile, o ce l’ho ma è rotta, o è senza carburante, o non c’è la strada, non potrò guidare proprio alcunché.

180516Glossario- Sufficiente

Per quanto riguarda le lingue europee, si noterà (soltanto grazie al francese, per la verità!) che anche qui, come nel caso del precedente e correlato termine necessaria, stiamo parlando al femminile in quanto abbiamo incominciato – e oggi terminiamo – un piccolo ragionamento intorno alle possibili proprietà di una condizione, nell’ambito naturalmente delle dimostrazioni matematiche.

Passando alle etimologie, il tardo latino sufficĕre, «bastare», è composto da sub-facĕre, evocando qualcosa che «produce dal di sotto»… benvenute interpretazioni migliori e più profonde: questa proprio non la trovo sufficiente!

Ci viene forse in aiuto l’arabo: il termine kâf infatti afferisce alla radice k-y-f da cui anche l’avverbio kayfa, «come», da cui ad esempio la comunissima domanda kayfa hâluka / kayfa hâlaki, nel parlato correntemente contratto in kîf’ak / kîf’ik (la doppia scrittura, in entrambe le espressioni, si riferisce alle due diverse forme del maschile e del femminile).

Il significato generale della radice k-y-f è quello di «formare», «dare forma», «conformare», quindi più o meno ritroviamo il senso dell’etimologia latina e queste due colonne d’ercole mi ammoniscono a non procedere oltre nel tentativo di articolare verbalmente ciò che può essere soltanto oggetto di un approccio intuitivo: non era questo in fondo il senso dei concetti primitivi e dei postulati, ovvero di concetti «sufficienti a se stessi»?

Avendo citato le Colonne d’Ercole, concludo ricordando che «fatti non fummo per viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza».

#unacitazionecoltaalgiorno #conpermessodisoggiorno #conpermesso

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