«Una parola al giorno», quattro lingue con permesso di soggiorno euro-mediterraneo, per comunicare secondo necessità persino la matematica!
La parola di oggi è necessaria (ma non ancora sufficiente) al fine di completare la trattazione del termine condizione introdotto proprio ieri.
Il latino necessarius, da ne-cedĕre, detto in soldoni indica qualcosa «di cui non ci si può privare».
Necessaria, quindi, è quella condizione o requisito minimo senza il quale una proprietà non è valida, o un ente matematico non esiste, o un’operazione non è possibile, o una tesi non è vera.
Per fare un esempio molto pratico, condizione necessaria (secondo la legge) affinchè io possa guidare un’automobile, è che io abbia una patente di guida in corso di validità.
Per quanto riguarda l’arabo, facciamo qui una piccola precisazione di genere: ho infatti scritto «necessaria» al femminile poichè anche la parola «condizione» alla quale l’aggettivo di oggi si abbina è femminile nelle lingue europee. L’arabo sharT visto ieri è invece un nome maschile, e infatti l’espressione «lâ budda minhu» che ad esso si abbina vede una declinazione maschile del pronome «minhu» ad esso riferito.
L’intera locuzione sharT lâ budda minhu traduce il latino conditio sine qua non, espressione che traduce abbastanza precisamente il concetto di «condizione necessaria» che ci occupa quest’oggi: il termine budd, da una radice che evoca i concetti di «distribuire», «sparpagliare», in sé significa «scampo», «scappatoia» ed è utilizzato soltanto in termini negativi, ovvero nell’espressione lâ budda che significa «senza scappatoia». Abbinato a minhu – letteralmente «da esso», abbiamo quindi, letteralmente, il senso complessivo di «condizione dalla quale non si scappa»: condizione necessaria, per l’appunto.
Se quanto scritto finora non vi sembra sufficiente, non posso che darvi ragione: appuntamento a domani per la completezza della trattazione!
#unaparolaalgiorno #unarimaalgiorno #continuadomani #staytuned
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