Ci siamo mai chiesti da cosa deriva la fantomatica x che usiamo come incognita dall’algebra di base all’analisi superiore?
Viene naturalmente alla memoria la celebre battuta di Indiana Jones, il quale diceva ai suoi studenti che “la x non rappresenta MAI il posto in cui scavare”. Salvo poi, in piena avventura, esclamare alla collega : “la X, la X sul pavimento, è quello il posto in cui scavare!!”.
Così quando i nostri studenti, all’ennesimo passaggio intricato di sistemi ed equazioni da risolvere, ci dicono “per me è arabo!”, vorremmo prenderlo come un modo di dire.
Certo, algebra deriva da al-jabr, d’accordo. Dall’opera di al-Khwarizmi da cui il termine algoritmo, va bene. Ma poi basta, non è vero? La x, la y e tutto il resto l’abbiamo inventata noi, qui in Europa …
… e infatti sì, per la precisione nell’Andalusia Felix, dove più proficuamente sedimentarono – come va di moda dire oggi – i frutti del fermento di scambi interculturali e interreligiosi nati dalla presenza e dal reciproco riconoscimento di sapienti ebrei, cristiani e musulmani sotto la sempre cosiddetta “dominazione araba”.
In effetti i matematici musulmani che diedero impulso allo sviluppo dell’algebra moderna, non fecero mai uso nelle loro opere di abbreviazioni formali come la x o altre lettere. Quando parlavano dell’incognita, parlavano della “cosa”, e le relazioni tra incognite e quantità erano sempre descritte a parole.
Ora, “cosa” in arabo si dice ” sha’i ” e la sh nello spagnolo antico, come oggi ancora in alcuni dialetti del Mediterraneo anche in Italia, si traslittera proprio x . E’ stato quindi ben a ragione ipotizzato che la lettera x destinata a diventare l’incognita per eccellenza, altro non sia che la traslitterazione nella lingua corrente dell’Andalusia medievale proprio della parola araba “sha’i”: “cosa” !
Morale della favola: d’ora in poi, quando i vostri studenti vi diranno sconsolati “per me è arabo!”, potrete tranquillamente rassicurarli che su una cosa almeno ci hanno azzeccato! Può essere un inizio… 😉