Proseguiamo la conversazione sul secondo esercizio svolto della serie “Curriculum Inspirations” a cura di James Stanton, pubblicata dalla Mathematical Association of America al link http://www.maa.org/sites/default/files/pdf/CurriculumInspirations/essay2.pdf
Nel precedente post abbiamo introdotto questa proposta didattica con alcune doverose osservazioni più generali.
Oggi vorremmo invece prendere spunto dal lavoro di Stanton per proporre un approccio questa volta un po’ diverso dal suo e più vicino invece ai principii ispiratori della cosiddetta “didattica breve”, la quale – ricordiamo – è definita dal suo ideatore come “il complesso di tutte le metodologie che, agli obiettivi della didattica tradizionale (rispetto del rigore scientifico e dei contenuti delle varie discipline), aggiunge anche quello della drastica riduzione del tempo necessario al loro insegnamento e al loro apprendimento”.
Quello che sembra infatti mancare questa volta all’esposizione di Stanton è proprio quella “distillazione dei contenuti” che permetta innanzitutto all’insegnante-animatore della discussione” di condurre quest’ultima in modo da arrivare eventualmente anche in modo rapido all’obiettivo.
Capita infatti spesso che gli studenti – o lo stesso insegnante – abbiano intuizioni magari istintive, imprecise o che non sarebbero capaci di giustificare con rigore dal punto di vista teorico, ma che sono già molto vicine al centro del problema, e soltanto per la mancanza di un’adeguata riflessione preventiva tali intuizioni vengano accantonate oppure usate in modo del tutto inefficace rispetto all’obbiettivo di giungere rapidamente al cuore non solo della risoluzione del problema ma anche della riflessione sulla struttura sottostante.
Soprattutto nel caso di un problema come quello proposto in questo #2 – la discussione di un’equazione con valori assoluti in due variabili – partire dalla soluzione per ricostruire il “percorso breve” che la congiunge con intelligenza e con tutte le soddisfazioni del caso al quesito iniziale è davvero indispensabile per chi poi voglia avventurarsi a proporre tale argomento in classe.
Certo, toglieremo tutta la suspence. Certo, ripuliremo di quell’analisi psicologica ben dipinta da Stanton, più preoccupato forse questa volta, insisto, di procurare “anestesie” per i dolori delle valutazioni nazionali che non di dare indicazioni efficaci ad un corretto uso dell’unità didattica.
Perdendosi invece un’altra analisi psicologica possibile: quella della sorpresa che può suscitare la scoperta che da un’equazione “quadrata” e spigolosa come questa:
|x+y|+|x-y|= L
si possa dedurre un grafico altrettanto spigoloso e “quadrato”: quello per la precisione di un quadrato centrato nell’origine e di lato L.
Introdurre un’unità didattica di questo tipo, tradendo per una volta la fedeltà al format “vi propongo il quiz dell’American Mathematical Competition”, può essere molto più produttivo, aiuta ad affrontare il tabù delle “non funzioni” che incombe sulla nostra didattica della matematica, allargando l’orizzonte alla considerazione del vasto mondo delle equazioni in due variabili e del loro grafico, di cui con un certo imbarazzo gli studenti hanno affrontato soltanto i casi dell’ellisse, dell’iperbole e naturalmente della circonferenza.
Secondo me vale la pena, e l’argomento è decisamente “to be continued”